Chiese scomparse a Vicovaro

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S. Lucia

Già citata nella Bolla d'Innocenzo III del 1213 come chiesa, dentro Vicovaro, di proprietà dell'Abbazia di S. Cosimato, era una costruzione posta nella piazzetta dell'Arreo sugli spalti delle antiche mura.
Menzionata in altri documenti medievali, nel secolo XVI era dipendente da quella di S. Salvatore.
La chiesa venne demolita dopo il 1668: la statua della Titolare che adornava l'altare venne trasportata a S. Pietro, come pure alla Chiesa prepositurale passò la giurisdizione parrocchiale.




S. Silvestro

Già presso la piazzetta omonima, sui suoi ruderi, agli inizi di questo secolo, fu costruita un'abitazione civile: della vecchia costruzione rimangono tracce dell'abside semicircolare visibili nell'angolo posto a sud.
Citata in vari documenti medievali, la chiesa, era parrocchiale, aveva l'altare maggiore dedicato al Santo Titolare, ed una serie di cappelle ed altari tra cui quello di S. Michele che passerà all'Università dei Bifolchi di Vicovaro, ossia ai Fratelli dell'Arte Agraria, che lo adornarono con la statua lignea di S. Isidoro Agricoltore (ora a S. Salvatore).
Nell'Ottocento venne abbandonata e la sua giurisdizione parrocchiale fu incorporata da S. Salvatore.

 

S. Nicolò
Piccola chiesa, posta entro Vicovaro di difficile localizzazione, nei documenti dei secoli passati rimaneva il toponimo "Contrada S. Nicola".
Citata nei documenti medievali, nel secolo XVI risultava con l'altare distrutto e spogliato ed "unita et incorporata" alla chiesa parrocchiale di S. Pietro.
Nei documenti successivi non è più menzionata.

Sigillo di Bodo Arciprete di S. Maria di Vicovaro

 

S. Maria (arcipretura di)

Pressoché inesistente sui documenti antichi ci rimane difficile la localizzazione.
Nel secolo XIII risulta chiesa arcipreturale (quindi probabilmente dentro Vicovaro) retta da un certo Bodo di cui rimane uno splendido sigillo rappresentante la Natività con il Committente orante e la legenda: Bodo arciprete di S. Maria di Vicovaro. Nel secolo XVI dell'edificio se n'era persa memoria. [Foto del Sigillo di Bodo a sinistra]


S.Vito
L'edificio, costruito sulla sommità del colle omonimo, è citato nei documenti medievali e consisteva in una semplice chiesa coperta con volta a botte munita di un solo altare e con le pareti dipinte; la facciata aveva una porta affiancata da due finestruole. Era stata edificata sui ruderi di una grande costruzione del periodo romano e di cui rimangono parecchi resti e vari frammenti epigrafici.
Nella metà del secolo XVII era "juspatronato della eccellentissima Casa Orsina" del ramo di Licenza Roccagiovine. Decaduta nel secolo successivo il suo "beneficio" passò alla cappella del Crocifisso di S. Pietro.
La chiesa ha dato il nome ad uno dei Quarti territoriali di Vicovaro.



S. Eufemia
Pieve ai confini con il territorio di Castel Madama che fornì il toponimo ad uno altro "Quarti" quello che incorpora le località di Morrone, Collestefano, Pacino e Cerquasecca.
Citata nella Bolla di Innocenzo III del 1213, come di pertinenza dell'allora Abbazia di S.Cosimato, viene ricordata in altri documenti successivi.
Nella metà del secolo XVI era talmente malridotta, che viene come un ricettacolo di animali immondi. I documenti successivi non ne parlano più.




S. Pietro di Saccomuro
Era una modesta costruzione, come d'uso, impiantata sui ruderi di una villa romana nella località Mammalocchi, un colle presso il castello di Saccomuro a quattro chilometri da Vicovaro verso Tivoli.
Ed è in questa chiesa che alcuni storici vogliono identificare la basilica dedicata a S. Pietro che i nobili Albino e Glafira avrebbero donato a Papa Simmaco (498-514).
La chiesa è menzionata in una divisione tra gli Orsini del 5-1-1288.
Nello Statuto di Saccomuro, rogato il 26 settembre 1311 e concesso da Giovanni Orsini di Francesco a tre rappresentanti della esigua comunità locale, non viene accennata la Chiesa di S. Pietro ma quella di S. Maria il cui rettore, fu uno dei testimoni dell'atto.
Nel secolo XVI la costruzione, ridotta ad un cumulo di rovine, risulta come pertinente alla " tenuta di Saccomuro"
I documenti successivi ne tacciono completamente.

 

Santa Maria in Pesale o Santa Maria in Fundo Rubeto.
Menzionata nei documenti medievali, era localizzata nella località Quarto del Piano. L'edificio a navata unica ed abside era stato eretto sui ruderi di una villa romana. Ora non rimangono che poche vestigia.
Forse è questa la chiesa di S. Maria citata nello Statuto di Saccomuro. I documenti successivi non ne parlano più anche s'è rimasto il toponimo

Santa Maria Vecchia
Posta nella località detta Lo Stazio o Fonte dell'Olmo a sud del bivio della Licinese - via per Roccagiovine. L'edificio, la cui storia è tuttora abbastanza oscura, era stato costruito su ruderi romani.
Alla fine dell'Ottocento nello stesso sito già occupato dalla pieve furono rinvenute iscrizioni ed un sarcofago andati distrutti.

 



Santa Maria de Ronci
Anche se in territorio di Roccagiovine è stata sempre legata affettivamente a Vicovaro.
La chiesa - di cui ora sono rimaste poche vestigia - si erge alla fine della Valle dell'Inferno, a qualche centinaio di metri dai confini di S. Polo, di Vicovaro, dell'ex castello di Spogna, e proprio alla confluenza di altre due "vallocchie" con le relative strade di valico - quella di Valle Fura, a sinistra, e quella di Vena Caprara, a destra.
La chiesuola del Ronci - da non confondere con quella del Podium Runci - fu sicuramente un edificio medievale, nato su ruderi precedenti, completamente rinnovato, tra la fine del sec. XIV e l'inizio del sec. XV, dagli Orsini del ramo di Roccagiovine e Licenza, proprietari del luogo.
La pieve, un edificio rettangolare senza abside, nel suo interno ospitava un unico altare, dedicato alla Vergine, rappresentata col Bambino entro una mandorla di teste di cherubini, in una bella tavola di matrice umbro- laziale del tardo XV- in. XVI, a cui non è azzardato accostare il nome del Pastura (Antonio del Massaro).
Nel secolo XVII è ricordata sempre come di proprietà del ramo degli Orsini di Licenza -Roccagiovine che n'avevano lo jure patronatus.
Passata insieme con l'intero feudo di Roccagiovine - dai Borghese nel 1734 e dagli Orsini nel 1737 - a Vincenzo Nunez, divenne proprietà nel 1821 di Luigi del Gallo.
Nel 1843 la chiesa era ancora curata da due romiti e questo sino a qualche decennio dopo, quando l'edificio rimasto incustodito iniziò a decadere ed a minacciare rovina.
Fu in quelle circostanze che fu traslata dall'eremo di Ronci la Tavola della Vergine col Bambino e portata processionalmente nella parrocchiale di S. Nicola a Roccagiovine ove venne assemblata in una moderna cornice.
Ed a questa trasporto è legata un curioso aneddoto: i Vicovaresi, attaccati alla devozione della Vergine del Ronci tentarono di portare l'Immagine a Vicovaro sottraendola così ai Roccatani ma la coppia di buoi che trasportava il dipinto si fermò di botto per l'improvviso peso, come se la tavola fosse divenuta…di piombo, l'inspiegabile fenomeno fece loro abbandonare il proposito. Ne sono rimasti, però, alcuni ricordi e leggende come certe piante inclinate - genuflesse si dice - al passare dell'Immagine, e nella popolazione un modo di dire per descrivere ciò che paradossalmente diventa di colpo inamovibile: "…Impiummarsi come la Madonna de Runci…".

(Testi di Alberto Crielesi)

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